Lettera del nostro card. Giuseppe Betori che ha aperto ufficialmente il Cammino Sinodale il 22 aprile 2017 nella chiesa di San Giovanni Battista all’Autostrada.
La conclusione del vangelo di Matteo ci pone nell'orizzonte di fede con cui siamo chiamati ad assumere l'impegno del Cammino sinodale che, accogliendo l'invito di Papa Francesco, apriamo per la Chiesa fiorentina. Ci poniamo nel cammino aperto dai discepoli del Signore che, accogliendo l'indicazione del Risorto, si ritrovano attorno a lui, sul monte, il luogo proprio dell'incontro con la presenza di Dio, per accogliere la sua parola. Anche il nostro cammino ha come meta la persona di Gesù, da incontrare, conoscere, con cui condividere la nostra vita, personale e comunitaria. Un cammino verso Gesù, un cammino dietro di lui, un cammino condiviso con lui, consapevoli peraltro che, come ricorda spesso il Papa, il Signore oggi lo si incontra non separandosi dal mondo, ma immergendosi nelle sue pieghe, perfino nelle sue contraddizioni, certamente nelle sue periferie. Questa è la nostra Galilea, il territorio della vita quotidiana per noi, come per i primi discepoli è lo spazio dell'incontro con il Risorto.
Dio non è fuori di questa nostra storia, ma la abita e la condivide con l'umanità, la rende nuova nella potenza dello Spirito di Gesù e della sua risurrezione.
Ma Gesù ci chiama attorno a sé perché noi, come i primi discepoli, diventiamo suoi missionari e testimoni di fronte al mondo, comunicatori della sua parola e mediatori della sua grazia. Siamo chiamati a fare esperienza di comunione nella fede attorno al Signore e a viverla in una prospettiva di cammino operoso e condiviso nella fraternità: questo vuole esprimere la dimensione sinodale che assumiamo in questo momento per la nostra Chiesa.
Al tempo stesso però dobbiamo proiettare tutto ciò in un orizzonte di annuncio evangelico, di rnissionarietà, che ci spinga a uscire dalle secche di una pastorale di conservazione dell' esistente, per muoverei verso gli orizzonti che la storia ci propone e lo Spirito di Dio ci apre.
Su questi due fronti della sinodalità, come modalità di vita della Chiesa, e di missionarietà, come sua chiamata e consapevolezza, Papa Francesco ha incamminato la Chiesa italiana nel discorso del 10 novembre 2015 nella nostra cattedrale, invitando a misurarci sull'orizzonte di «una Chiesa libera e aperta alle sfide del presente, mai in difensiva per timore di perdere qualcosa» (Discorso al V Convegno Nazionale della Chiesa italiana, Firenze 10 novembre 2015).
In quella occasione il Papa ci ha affidato un preciso impegno: «In ogni comunità, in ogni parrocchia e istituzione, in ogni Diocesi e circoscrizione, in ogni regione, cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni». A questo invito intendiamo rispondere con l'avvio del Cammino sinodale. In questo siamo incoraggiati da queste altre sue parole: «Sono sicuro della vostra capacità di mettervi in movimento creativo per concretizzare questo studio. Ne sono sicuro perché siete una Chiesa adulta, antichissima nella fede, solida nelle radici e ampia nei frutti. Perciò siate creativi nell'esprimere quel genio che i vostri grandi, da Dante a Michelangelo, hanno espresso in maniera ineguagliabile. Credete al genio del cristianesimo italiano, che non è patrimonio né di singoli né di una élite, ma della comunità, del popolo di questo straordinario Paese».
Questo il mandato del Papa. A questo mandato la Chiesa fiorentina, dopo che fin qui, nelle varie comunità, non sono mancati momenti di riflessione e confronto in questa prospettiva, intende ora dare una risposta unitaria e articolata in un "Cammino sinodale sulla Evangelii gaudium". A scanso di equivoci, non si tratta di un Sinodo, che comporterebbe proporre come meta l'elaborazione di indicazioni pastorali, nonché di norme da dover attuare.
Questo la nostra Chiesa lo ha già fatto egregiamente, sotto la guida del cardinale Silvano Piovanelli, tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta del secolo scorso. Nel Documento conclusivo che ne scaturì, promulgato l'11 ottobre 1992, abbiamo una ancor valida traccia dell'immagine della nostra Chiesa trasformata dall'evento e dal magistero del Concilio Vaticano Il.
Ora, più limitatamente, vogliamo piuttosto creare occasioni di ascolto reciproco, per cogliere interrogativi ed attese, che maturano nelle nostre comunità ma anche, e non da meno, in tutta la società fiorentina, tra uomini di fede, di fedi diverse e di altri convincimenti ideali, per cogliere quegli aneliti di pienezza di umanità che vanno coltivati e fatti crescere, soprattutto vanno illuminati dalla luce di verità che proviene dal volto di Cristo. In questo ascolto non mancheremo anche di rilevare il bene che nasce tra noi, le esperienze positive che possono essere illuminanti prassi da condividere e diffondere. E non dovremo avere il timore anche di mettere a fuoco le nostre fragilità, da correggere fraternamente, e le nostre inadeguatezze, da colmare nell'aiuto reciproco.
Tutto sotto lo sguardo del Signore Gesù, quel Gesù che, come ci ha ricordato il Papa, ci guarda dall' alto della cupola della nostra cattedrale, non come giudice minaccioso - egli rifiuta la spada della condanna -, ma come giudice misericordioso, che mostra i segni della Passione in cui ha dato al sua vita per noi, perché noi potessimo in lui avere vita. Egli, che è la pienezza dell'umanità - "Ecce Homo", si legge sopra di lui! -, si mostra come la strada e l'immagine della vera umanità nostra. È a questa immagine che il Papa ci ha richiamati, come l'icona del "nuovo umanesimo", che si incarna nei sentimenti che sono stati di Gesù: l'umiltà, il disinteresse, la beatitudine. Sono questi i criteri con cui fare discernimento nel nostro Cammino sinodale a riguardo della vita personale, ecclesiale e sociale.
In questo discernimento dobbiamo assumere una prospettiva nuova. Dobbiamo abbandonare la sensazione di essere sotto assedio dal mondo. Ci è chiesto di diventare Chiesa in uscita: non contro il mondo, ma incontro al mondo, con la convinzione che abbiamo una forza propositiva tale che può entrare in dialogo con tutti: con l'umiltà del Crocifisso, ma con la consapevolezza di avere un tesoro tra le mani, il Vangelo del Risorto. Anche con la fiducia che, all'interno della modernità, non tutto è contro di noi. Ci sono radici cristiane che dobbiamo far rinascere, rivitalizzare. La spinta a fare questo cambiamento ci viene da uno sguardo che è spinto verso l'alto, verso Cristo: da Cristo rivolgiamoci con uno sguardo nuovo verso la storia.
In Cristo, peraltro, si incentra la predicazione apostolica, così come è attestata negli Atti degli Apostoli, da cui abbiamo ascoltato l'annuncio di Pietro a Cesarea. La Chiesa non ha altro da dire che Gesù, il crocifisso risorto. Da lui scaturisce la pace per l'uomo; in lui si viene beneficati e risanati; in lui si fa il giudizio su questo mondo; da lui scaturisce la misericordia. Non siamo divulgatori di un'etica, né i promotori di un nuovo assetto sociale e neppure i propagatori di una spiritualità, ma i testimoni di una presenza che rinnova la vita. Al centro del nostro Cammino sinodale c'è Gesù e il nostro incontro con lui.
Gli ambiti privilegiati del discernimento da attuare, li ha indicati Papa Francesco, ancora nel discorso nella nostra) cattedrale, desumendoli dalla Evangelii gaudium: l'inclusione sociale dei poveri e la capacità di incontro e di dialogo, cercando il bene comune.
Il nostro Cammino, illuminato da questi criteri e orientato a questi ambiti privilegiati, dovrà nutrirsi di occasioni di ascolto di ciascuno e di tutti, per giungere possibilmente a un consenso attorno ad alcuni essenziali spazi di azione su cui intervenire. Tale consenso, nella prospettiva della fede, non sarà il risultato della somma delle nostre singole volontà, bensì la ricerca insieme della volontà di Cristo per noi. Perché è Lui che ci convoca ed è Lui che dobbiamo accogliere come guida, dandogli spazio tra noi. Siamo infatti sorretti da queste parole di Gesù: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20). Se fonderemo su questa fede il nostro convenire, Gesù stesso darà forma nuova alla nostra Chiesa.
L'ascolto che vogliamo promuovere riguarda noi stessi, la vita delle comunità ecclesiali e della realtà ecclesiale e culturale di oggi; riguarda in primo luogo Gesù e la sua parola, così come ci è trasmessa dalla Chiesa e insegnata dai Pastori, il Papa anzitutto.
Ora a voi animatori, che con questa Veglia invio alle comunità, è affidato il compito di coordinare l'inizio i questo Cammino sinodale. Con il vostro aiuto le comunità ecclesiali dovranno crescere per riscoprire la bellezza dell'annuncio del Vangelo, per promuovere un confronto fraterno, per individuare obiettivi condivisi di testimonianza nel mondo.
Lo Spirito del Risorto sia l'anima del Cammino sinodale, illumini i nostri passi, sostenga il nostro impegno.