Carissimi,
faccio seguito al comunicato che ho chiesto di diffondere questa mattina per rendervi noto il provvedimento del Governo che nel contrasto alla diffusione del coronavirus ha disposto la cessazione della celebrazione pubblica delle Sante Messe come pure di altre celebrazioni liturgiche o devozionali (tutto questo rientra nella espressione “cerimonie religiose”, come ho potuto appurare da fonte qualificata).
Ora vi raggiungo con queste parole per dare qualche indicazione sullo spirito con cui vivere questo momento e le disposizioni che provocano sofferenza a noi e alle nostre comunità.
Anzitutto vi faccio notare che il provvedimento governativo non esige la chiusura delle chiese. Al contrario, sembra in qualche modo indicare nella preghiera privata una strada per continuare a nutrire la vita spirituale. Invitiamo pertanto la gente a coltivare l’atteggiamento di adorazione di fronte a quella Eucaristia che non possiamo più celebrare insieme. Noi, peraltro, come sacerdoti è bene che continuiamo a celebrare la Santa Messa nella forma prevista dal Messale Romano come “Messa senza popolo”. Assicuriamo la nostra gente che attraverso questa celebrazione “senza popolo” la Chiesa e noi con essa continuiamo il rendimento di grazie al Padre nel memoriale della morte e risurrezione di Cristo, come offerta per il popolo, con particolare intenzione in riferimento alla dolorosa situazione dei nostri giorni.
La mancata partecipazione alla Santa Messa è un grande sacrificio per noi cristiani, che "Sine dominico non possumus", cioè: "Non possiamo vivere senza celebrare il giorno del Signore / Pasqua domenicale ", come dissero i martiri di Abitene. Ma la celebrazione dell’Eucaristia ha una dimensione rituale che però ha un complemento essenziale negli effetti che essa genera nella vita: l’Eucaristia è celebrata in verità se genera la carità. Nella presente circostanza noi non rinunciamo al significato ultimo dell’Eucaristia, che è il dono di sé fatto dal Signore, ma, ottemperando alle norme dello Stato, siamo invitati a manifestarlo nel gesto di carità fraterna che è evitare che attraverso il riunirsi di un’assemblea si vadano a costituire situazioni di vita sociale che possono favorire il diffondersi del virus. La mancanza del rito, lo ribadisco, ci fa soffrire, ma non ci impedisce di vivere i frutti dell’Eucaristia, cioè la carità.
Infine, non potendo i fedeli partecipare alla Santa Messa, dobbiamo invitare e aiutare tutti a dare spazio soprattutto nelle domeniche a un tempo maggiore dedicato alla meditazione della parola di Dio, alla preghiera personale, a momenti di vita interiore, che ci aiutino ad affrontare la prova del presente. In questo possono aiutarci anche le trasmissioni televisive della Messa o di altre forme di pietà popolare. Raccomando le trasmissioni proposte dalla emittente televisiva dei vescovi Italiani Tv2000 e la Santa Messa di Radio Vaticana trasmessa dalla nostra emittente Radio Toscana (domenica ore 11).
Raccomando a tutti di attenersi, con questo spirito e con queste modalità, a quanto prescritto dalle norme governative e alle disposizioni date in questi giorni dalla CEI, dai Vescovi toscani e stamane da me.
Con viva fraternità.
8 marzo 2020
Giuseppe card. Betori