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Quando il vento della profezia scuote la nostra polvere

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: "Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!"». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria (...)»
In un primo momento la sinagoga è rimasta incantata: tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati! Ma il cuore di Nazaret, e di ogni uomo, è un groviglio contorto, trascinato in fretta dalla meraviglia alla delusione, dallo stupore a una sorta di furore omicida: lo spinsero sul ciglio del monte per gettarlo giù.
Che cosa è accaduto? Non è facile accogliere un profeta e le sue parole di fuoco e di luce. Soprattutto quando varcano la soglia di casa come «un vento che non lascia dormire la polvere» (Turoldo) e smuove la vita, invece di risuonare astratte e lontane sul monte o nel deserto.
I compaesani di Gesù si difendono da lui: lo guardano ma non lo vedono, è solo il figlio di Giuseppe, uno come noi. Odono ma non riconoscono le sue parole d'altrove: come pensare che sia lui, il figlio del falegname, il racconto di Dio? E poi, di quale Dio?
Questo è il secondo motivo del rifiuto di Gesù, il suo messaggio dirompente, che rivela il loro errore più drammatico: si sono sbagliati su Dio.
Fai anche qui, a casa tua, i miracoli di Cafarnao, chiedono. È la storia di sempre, immiserire Dio a distributore di grazie, impoverire la fede a baratto: «io credo in Dio se mi dà i segni che gli chiedo; lo amo se mi concede la grazia di cui ho bisogno». Amore mercenario.
Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui. Non ci bastano belle parole, vogliamo un Dio a nostra disposizione; uno che ci stupisca, non uno che ci cambi il cuore.
E Gesù risponde raccontando un Dio che ha come casa ogni terra straniera, protettore a Zarepta di vedove straniere e senza meriti, guaritore di lebbrosi siriani nemici d'Israele, senza diritti da vantare. Un Dio che non ha patria se non il mondo, che non ha casa se non il dolore e il bisogno di ogni uomo.
Adorano un Dio sbagliato e la loro fede sbagliata genera un istinto di morte: vogliono eliminare Gesù. Mentre il Dio di Gesù è l'amante della vita, il loro è amico della morte. Ma egli passando in mezzo a loro si mise in cammino. Come sempre negli interventi di Dio, c'è un punto bianco, una sospensione, un ma. Ma Gesù passando in mezzo se ne andò. Va ad accendere il suo roveto alla prossima svolta della strada. Appena oltre ci sono altri villaggi ed altri cuori con fame e sete di vita.
Un finale a sorpresa. Non fugge, non si nasconde, passa in mezzo a loro, alla portata delle loro mani, in mezzo alla violenza, va tranquillo in tutta la sua statura in mezzo ai solchi di quelle persone come un seminatore, mostrando che si può ostacolare la profezia, ma non bloccarla, che la sua vitalità è incontenibile, che il vento dello Spirito riempie la casa e passa oltre.

padre Ermes Ronchi

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