Con questo brano Matteo ci conduce allo spartiacque del suo Vangelo. Terminano i giorni dell’insegnamento, dell’itineranza libera e felice sulle strade di Palestina; inizia il grande racconto della passione, morte e risurrezione. Da allora l’intera storia umana si specchia nel volto di un Dio crocifisso. È lo scandalo del cristianesimo. Accettare Gesù come Messia è ammissibile, ma che il Messia debba finire di morte orrenda, non è accettabile. Con l’angoscia di Pietro, anche noi ripetiamo a Gesù: Ma tu vuoi davvero salvare questa storia naufraga lasciandoti uccidere? Non servirà!
La croce, questo segno semplicissimo, due sole linee come un uccello in volo, come un uomo a braccia aperte o un aratro che incide madre terra; questa immagine che abita gli occhi di tutti, che pende al collo di molti, che segna vette di monti, campanili, ambulanze, ha in realtà il suo profondo senso altrove.
La croce è follia. Un «suicidio per amore», sosteneva Alain Resnais. Gesù la vede profilarsi all’orizzonte a causa della sua indomita passione per Dio e per l’uomo, passioni che non può tradire, sarebbe per lui più mortale della morte stessa.
E per noi, cos’è la croce? Per capirlo basta sostituire una parola. Se qualcuno vuol seguirmi, prenda su di sé tutto l’amore di cui è capace e mi segua.
La croce del discepolo non sono le fatiche, le malattie, il dolore quotidiano, tutte cose inevitabili, ma solo da sopportare. La croce è da scegliere come riassunto di un destino, di un amore. Ci dice: ricordati che chi vive solo per sé muore; che il vero dramma non è perdere la vita, ma non avere nulla per cui valga la pena spenderla.
All’orizzonte si stagliano Gerusalemme e i giorni supremi. Gesù li affronta scegliendo di non assomigliare ai potenti. Unici invincibili sono i poveri, sola supremazia è la tenerezza, contro la quale i poteri del mondo sono solo polvere.
Ed ecco il centro del brano: chi perderà la propria vita così, la troverà. Ci hanno insegnato a mettere l’accento sul “perdere” la vita. Ma se l’ascolti bene, senti che l’accento corre dritto sul “trovare” vita, non sul perderla.
Trovare vita è quella cosa che tutti rincorrono, ogni giorno e in ogni angolo del mondo. Perdere per trovare. È la fisica dell’amore: se dai, ti arricchisci; se trattieni, ti impoverisci.
Ci ricorda Einstein: «Il dramma del mondo non è che alcuni fanno il male, ma che la maggioranza non si oppone al male». Non c’è pace se ci conformiamo a questo mondo; non c’è pace se ci conformiamo alla paura di un amore serio. Non c’è pace se dimentico che ho un’anima e che l’anima in me è il respiro di Dio, e che questo respiro vale più di tutto il mondo. Senza di esso sarei niente, polvere e cenere; con esso sono eterno: si spegneranno le stelle prima che io mi spenga.
Padre Ermes Ronchi