Era ancora notte, e loro si sono messe per strada.
“Il primo giorno, al mattino presto, esse si recarono al sepolcro”. La notte durerà ancora ma il mattino sta venendo (Is 21,12).
È notte anche per noi, davanti al mostro evidente del male assoluto che si chiama guerra.
Luca non scrive il soggetto di questo andare, ma lo sappiamo tutti che sono loro, le donne, quelle che ci raccontano la morte e le sette parole di Gesù in croce, che hanno raccolto il suo grido, che l’hanno profumato ancora una volta con oli aromatici per contrastare, come possono, come sanno, la morte.
Davanti alla pietra rovesciata e al vuoto angosciante, per le donne non c’è subito la fede, si alza solo l’immensa domanda: cos’è questo?
La fede non è immediata, è un lavorìo, un esile filo, scalpello su dura pietra, e comincia con il domandare: cos’è questo che accade?
Sono necessari due angeli e una nuova annunciazione. Dice Luca che sono sfolgoranti, quasi vestiti di lampi, di scampoli di luce: perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui. È risorto. Una cascata di bellezza, un’abbagliante luce che da un nome a Gesù: “Colui-che è-vivo!”: quello che avete visto chiudere nella roccia, quell’uomo che vi ha aperto orizzonti infiniti, è vivo. La differenza tra fede e non fede non è Gesù, è la Pasqua di Gesù! Non è un fantasma, non è un ricordo: è lui!
Lui c’è, ma non qui; è altrove, è più avanti, cercatelo dappertutto ma non fra le cose morte, non nei cimiteri, è in giro per le strade, per gli occhi, per i cuori, bussa alle case, aspetta che gli si apra e i suoi teli profumano di sole.
Lo incontri, ci inciampi addosso, lo urti, ti tocca, ti parla, ti abbraccia.
E’ risorto! E lo dicono con un verbo umile e concreto: Si è svegliato. Non sanno come dire la risurrezione, e allora Luca, Marco, Matteo usano i verbi del mattino, quando riprendiamo vita, lavori, amori, gioie e fatiche. Si è svegliato, svegliamoci da questa vita assopita!
Svegliati, alzati. Guarda, ascolta, immagina cieli nuovi e apri le tue braccia!
Noi siamo così, come quelle donne, siamo creature di desiderio e di stupore. E’ illogica la Pasqua, è tutto contro ogni ragione, quella mattina.
Ma la vita non si misura da quanti respiri facciamo, si misura da tutti quei momenti che ci tolgono il respiro. Nella mattina di Pasqua, tra donne, profumi e parole di angeli c’è un’armonia di segni cosmici nuovi, di partenze al levar del sole, dentro il profumo del giardino, nell’intrecciarsi armonioso della prima stagione dell’anno, il primo plenilunio, il primo giorno della settimana, la prima ora del giorno. Non vediamo la luce, è ancora notte, “c’è ancora il suono che fa il silenzio” (F. Guccini), ma il giorno nuovo viene.
Il dolore è a un passo, ma è a un passo anche l’amore, stupendamente vivo.
P. Ermes Ronchi