Solennità dell'Epifania del Signore. Il vangelo (Matteo 2,1-12) è quello notissimo dei magi, i misteriosi sapienti che dal lontano oriente si recano in visita al neonato bambino Gesù e gli offrono ricchi quanto simbolici doni. L'episodio si presta a fascinose rappresentazioni e a interrogativi senza fine: da dove venivano? chi e quanti erano? come si chiamavano? perché hanno portato in dono proprio oro, incenso e mirra? a guidarli fu una stella o una cometa? e semmai, quale? eccetera. Tali domande non avranno mai risposta certa; servono soltanto a distogliere l'attenzione dall'autentico significato della festa. Va ricordato infatti che quella di oggi non è "la festa dei re magi": si legge questo episodio solo come spunto, tra i tanti possibili, per chiarire il significato del termine Epifania, cioè "manifestazione".
Dopo aver celebrato con il Natale il fatto della nascita di Gesù, la festa di oggi invita a riflettere sul perché. Perché il Figlio di Dio si è fatto uomo? Non per restare nascosto, non per ragioni sue private, ma appunto per manifestarsi, per farsi conoscere. E lo fa sin dalla nascita: ancor prima dei magi sono invitati a visitarlo i pastori di Betlemme. I pastori e i magi: vale a dire, gli ebrei e i non ebrei, i poveri e i ricchi, i socialmente irrilevanti e i dotti ricevuti a corte; insomma tutti, perché per tutti il Figlio di Dio si è incarnato, e tutti invita a conoscerlo e riconoscerlo e così fruire dell'opera che è venuto a compiere. Allo scopo, non solo la nascita ma l'intera vita terrena di Gesù è la sua epifania: qui sta la ragione prima dei suoi insegnamenti, delle sue tante guarigioni fisiche e spirituali, e infine della sua risurrezione.
Dio si fa uomo per mettersi al nostro livello, per rivolgersi a noi con parole e comportamenti da noi comprensibili. Per dirla con le parole stesse della Bibbia, "Molte volte e in molti modi Dio aveva parlato ai nostri padri per mezzo dei profeti, e infine ha parlato a noi per mezzo del Figlio": questi è l'apice della rivelazione di Dio, la sua piena epifania, la parola ultima dopo la quale non ce ne saranno di nuove, almeno sino a quando gli uomini giungeranno a Lui e potranno contemplarlo "faccia a faccia".
Si capisce allora l'importanza della festa di oggi. Essa richiama l'attenzione sull'indicibile magnanimità di Dio: l'Eterno, l'Infinito, l'Onnipotente, il Creatore e Signore dell'universo, Lui che non ha bisogno di niente e di nessuno, ha voluto entrare in contatto con le povere misere indegne creature quali noi siamo. Lo ha fatto per il nostro bene, come espressione del suo amore senza limiti; ma se l'ha fatto, significa anche un'altra cosa: che ci ha voluto in grado di dialogare con Lui. Ecco perché ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza: l'ha dotato, unica tra tutte le creature terrene, di intelligenza e di libertà, anzitutto proprio perché possa dialogare con Lui.
Con la propria intelligenza l'uomo sa lanciarsi in meravigliose avventure: esplora l'universo, inventa macchine e medicine, dà forma a bellezza e poesia. Ma può trovare avventura più esaltante del ricercare Colui che l'intelligenza gliel'ha data? E, meraviglia delle meraviglie, tale suprema avventura non è riservata a pochi temerari o mentalmente superdotati: Dio appaga chiunque, per ricercarlo, liberamente impegni quel tanto di intelligenza che possiede. Si può andar per mare su una barchetta come su un transatlantico; secondo il mezzo, si potrà giungere in America o sull'isolotto di fronte alla costa: in ogni caso, comune sarà l'ebbrezza del navigare, la soddisfazione di raggiungere la meta. Eloquente, in proposito, è la richiesta che a nome di tutti il sacerdote formula sul finire della Messa odierna: "La tua luce, o Dio, ci accompagni sempre e in ogni luogo, perché contempliamo con purezza di fede e gustiamo con fervente amore il mistero di cui ci hai fatti partecipi".
mons. Roberto Brunelli