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Finestre di cielo aperte sul Regno

Gesù porta i tre discepoli sopra un monte alto.

La montagna è la terra dove si posa il primo raggio di sole e indugia l'ultimo, la terra che si innalza nella luce, la più vicina al cielo, quella che Dio sceglie per parlare e rivelarsi. Infatti lassù appaiono Mosè ed Elia, gli unici che hanno veduto Dio. E si trasfigurò davanti a loro. Il Vangelo non evidenzia nessun particolare della trasfigurazione, se non quello delle vesti diventate splendenti.

Ma se così luminosa è la materia degli abiti che coprono il corpo, quale non sarà lo splendore del corpo? E se così è il corpo, cosa sarà del cuore? È come quando il cuore è in festa e la festa si comunica al volto, e di festa sono anche i vestiti.

Pietro ne è sedotto, prende la parola: che bello essere qui! Facciamo tre capanne. L'entusiasmo di Pietro, la sua esclamazione stupita: che bello! ci fanno capire che la fede per essere pane, per essere vigorosa, deve discendere da uno stupore, da un innamoramento, da un «che bello!» gridato a pieno cuore. Ciò che seduce Pietro non è l'onnipotenza di Dio, non lo splendore del miracolo, il fascino dell'infinito, ma la bellezza del volto di Gesù. Quel volto è il luogo dove è detto il cuore, il suo cuore di luce; dove l'uomo si sente finalmente a casa: qui è bello stare! Altrove siamo sempre lontani, in viaggio. Il nostro cuore è a casa solo accanto al tuo. Il Vangelo della Trasfigurazione mette energia, dona ali alla nostra speranza: il male e il buio non vinceranno, non è questo il destino dell'uomo. Alimenta un pregiudizio sulla bontà dell’'uomo, un pregiudizio positivo: Adamo ha, o meglio, è una luce custodita in un guscio di creta. La sua vocazione è liberare la luce.

Avere fede è scoprire, insieme con Pietro, la bellezza del vivere, ridare gusto a ogni cosa che faccio, al mio svegliarmi al mattino, ai miei abbracci, al mio lavoro. Tutta la vita prende senso e si illumina. Ma questo Vangelo ci porta una notizia ancora più bella: la trasfigurazione non è un evento che riguarda Gesù solo, al quale noi assistiamo da spettatori. È un evento che ci riguarda tutti, al quale possiamo e dobbiamo partecipare.

Il volto di Gesù sul monte è il volto ultimo dell'uomo, è il presente del futuro. È come sbirciare per un attimo dentro il Regno, vederlo come una forza possente che preme sulla nostra vita, per trasformarci, per aprire finestre di cielo. Il Vangelo di domenica scorsa chiedeva: convertiti. La conversione è come il movimento del girasole, questo girarsi verso la luce. Il Vangelo di questa domenica offre il risultato: mi giro e trovo il sole, sono irradiato, mi illumino, mi imbevo e godo della luce, il simbolo primo di Dio.

padre Ermes Ronchi

Convertitevi e credete al Vangelo (Mc 1,15)

Comincia così, nel Vangelo di Marco, l'annuncio di Gesù al mondo, il suo messaggio di salvezza: «Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo».
Con la venuta di Gesù spunta un'era nuova, l'era della grazia e della salvezza. E le sue prime parole sono un invito ad abbracciare la grande novità, la realtà stessa del Regno di Dio che egli pone alla portata di tutti, vicino a ogni uomo. Ed indica subito la strada: convertirsi e credere al Vangelo, e cioè cambiare radicalmente vita e accettare, in Gesù, la parola che Dio attraverso lui rivolge all'umanità di tutti i tempi. Sono due cose che vanno di pari passo: la conversione e la fede e non c'è l'una senza l'altra, ma l'una e l'altra scaturiscono al contatto con la parola viva, alla presenza di Gesù che anche oggi ripete alle folle:

Convertitevi e credete al Vangelo

Quello che opera la Parola di Dio accolta e vissuta è un completo mutamento di mentalità (= conversione). Trasfonde nei cuori di tutti: europei, asiatici, australiani, americani, africani i sentimenti di Cristo di fronte alle circostanze, al singolo e alla società. Ma come può il Vangelo operare il miracolo di una profonda conversione, di una fede nuova e luminosa? Il segreto sta nel mistero che le parole di Gesù racchiudono. Esse non sono semplicemente esortazioni, suggerimenti, indicazioni, direttive, ordini, comandi. Nella parola di Gesù è presente Gesù stesso che parla, che ci parla. Le sue Parole sono egli stesso, Gesù stesso.

E così noi, nella Parola lo incontriamo. E accogliendo la Parola nel nostro cuore, come egli vuole che sia accolta (e cioè essendo pronti a tradurla in vita) siamo uno con lui ed egli nasce o cresce in noi. Ecco perché ognuno di noi può e deve accogliere l'invito così pressante ed esigente di Gesù.

Convertitevi e credete al Vangelo

Qualcuno potrà considerare le parole del Vangelo troppo alte e difficili, troppo distanti dal modo di vivere e di pensare comune, e sarà tentato di chiudersi all'ascolto, di scoraggiarsi. Ma tutto questo accade se pensa di dover spostare da solo la montagna della sua incredulità. Mentre basterebbe si sforzasse di vivere anche solo una Parola del Vangelo per trovare in essa un aiuto inatteso, una forza unica, una lampada per i suoi passi . Perché quella Parola, essendo una presenza di Dio, il comunicarsi con essa rende liberi, purifica, converte, porta conforto, gioia, dona sapienza.

Convertitevi e credete al Vangelo

Quante volte nella nostra giornata questa Parola può esserci di luce! Ogni volta che ci scontriamo con la nostra debolezza o con quella degli altri, ogni volta che seguire Gesù ci sembra impossibile o assurdo, ogni volta che le difficoltà tentano di abbatterci, questa Parola può essere per noi un colpo d'ala, una boccata d'aria fresca, uno stimolo a ricominciare. Basterà una piccola, rapida "conversione" di rotta per uscire dal chiuso del nostro io ed aprirci a Dio, per sperimentare un'altra vita, quella vera.
Se poi potremo condividere questa esperienza con qualche persona amica, che ha fatto anch'essa del Vangelo il proprio codice di vita, vedremo sbocciare o rifiorire intorno a noi la comunità cristiana.
Perché la Parola di Dio vissuta e comunicata fa anche questo miracolo: dà origine a una comunità visibile, che diviene lievito e sale della società, testimoniando Cristo in ogni angolo della terra.

L’esperienze di Lourdes 2018

Da Giovedì 8 Febbraio a Lunedì 12 Febbraio le comunità di Santa Croce a Quinto e di San Quirico a Legnaia hanno condiviso la grazia di partecipare insieme al pellegrinaggio a Lourdes. Vogliamo condividere, attraverso la testimonianza di alcuni fedeli, l’entusiasmo da cui ci sentiamo contagiati e il proposito di fare tesoro di quanto vissuto in quei giorni per una crescita personale e comunitaria.

Siamo tornati cantando! L'entusiasmo non voleva finire!

Abbiamo vissuto tre giorni bellissimi e, riguardando le foto scattate, si sente la nostalgia delle emozioni, della gioia, delle lacrime versate, della contentezza e dei sorrisi che abbiamo trovato nelle persone. Non è facile descrivere la commozione e le emozioni provate … troppo grandi e profonde. Il numero delle persone presenti a Lourdes è impressionante, a qualsiasi ora, anche la notte e la mattina presto.

La fila per passare nella grotta e l'attesa per l'inizio del Rosario è un'occasione per pregare e così la preghiera si diffonde da persona a persona. Tutti pregano, si uniscono a quelli che già hanno cominciato e la preghiera sale in alto, arriva dal Signore che ci guarda e protegge.

Si sente veramente la pace del cuore. Durante le celebrazioni comunitarie, il silenzio interiore annulla tutti i nostri pensieri umani e la preghiera raggiunge livelli alti: si prega con il cuore e si entra in sintonia con Dio.

Anche i canti sono veramente preghiera e ci si accorge che quello che si canta è quello che si voleva dire, ma non si sapeva come dirlo … e si è contenti di essere riusciti ad esprimere le cose che erano dentro.

Il brutto tempo non ci ha risparmiati, ma è molto bello rimanere a guardare la Madonna o seguire la processione dei flambeaux mentre piove, insieme ai tanti che nonostante tutto non si scoraggiano. Siamo una grande famiglia e ci sentiamo molto amati. Ringraziamo mille volte la Madonna perché, guardandoLa nella Sua grotta, abbiamo riscoperto la preziosità del prossimo e abbiamo ritrovato noi stessi nelle nostre difficoltà. E' stata un'esperienza meravigliosa, grazie anche a Padre Lazzaro e Don Felix che ci hanno guidato in ogni momento. Elisabetta e Maria Luisa

Testimonianze di fede

Non è semplice descrivere in poche righe le emozioni provate nel pellegrinaggio a Lourdes della scorsa settimana. La parola che mi viene in mente con più insistenza è: FEDE. E ci sono tanti modi di vivere la fede, nessuno meno forte o meno intenso degli altri, semplicemente diverso. In questi giorni ho visto la fede forte, salda, dal sapore un po' antico delle signore di una certa età che nonostante i tanti acciacchi non volevano mancare a nessun appuntamento e, incuranti del freddo e della pioggia, hanno partecipato comunque alla fiaccolata intorno al Santuario. Ho potuto apprezzare la fede giovane e vivace del mio compagno di stanza, guardandolo negli occhi, pieni di stupore e meraviglia. Ho visto la fede nelle coppie di sposi che, dopo una vita passata insieme, hanno ancora tanto amore da donarsi. Ho ammirato la fede dei molti malati che si avvicinavano con tanta speranza alla grotta delle apparizioni. Mi sono stupito della fede di quanti si mettevano in fila alle fontane della sorgente miracolosa per riempire le taniche di acqua da portare agli amici e parenti che non erano potuti venire in pellegrinaggio. Grazie a tutti i miei compagni di viaggio, grazie alla Parrocchia di Santa Croce a Quinto che ha accolto noi di San Quirico a Legnaia con tanto affetto. Grazie soprattutto al Signore per averci regalato questa stupenda esperienza. Filippo

Un motivo per ringraziare

Mi ero già recata a Lourdes nell'ottobre del 1994 durante una tappa del mio viaggio di nozze. Un anno dopo nell'agosto del 1995, è nato il mio primo figlio Hermes, al quale è legata questa mia riflessione. Circa due mesi fa, infatti, ricevetti una sua telefonata nella quale mi diceva di averla combinata grossa. Mi recai nel luogo da lui indicato, e vidi la macchina cappottata con lui miracolosamente illeso. Solo dopo, leggendo i messaggi whatsapp di quel giorno che non avevo avuto modo di guardare data la tensione del momento, mi sono resa conto che Don Felix mi aveva chiesto se ero interessata ad andare a Lourdes, proprio nei minuti dell'incidente. Da lì, con immensa gratitudine, ho pensato che il miracolo e la chiamata della Nostra Signora di Lourdes li avevo ricevuti prima ancora di partire, rinforzati poi durante il pellegrinaggio da una sensazione di benessere spirituale che non avvertivo da tempo. Ringrazio il Signore che ci rimane accanto attraverso sua Madre Maria e i suoi testimoni, in questo caso anche lei, Don Felix, per quest'opportunità che mi è stata data. Francesca

Dio è guarigione contro ogni nostro male

Un lebbroso. Il più malato dei malati, di malattia non soltanto fisica, un rifiuto della società: «porterà vesti strappate, velato fino al labbro superiore... è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell'accampamento» (Lv 13,46). E Gesù invece si avvicina, si oppone alla cultura dello scarto, accoglie e tocca il lebbroso, l'ultimo della fila. Tocca l'intoccabile. Ama l'inamabile: per la legge mosaica quell'uomo era castigato da Dio per i suoi peccati, un rifiutato dal cielo.

Il lebbroso non ha nome né volto, perché è ogni uomo. A nome di ciascuno geme, dalla sua bocca velata, una espressione bellissima: «Se vuoi, puoi guarirmi». Con tutta la discrezione di cui è capace dice: «Se vuoi».

E intuisco Gesù felice di questa domanda grande e sommessa, che gli stringe il cuore e lo obbliga a rivelarsi: «Se vuoi». A nome di ogni figlio della terra il lebbroso chiede: che cosa vuole veramente Dio da questa carne piagata, che se ne fa di queste lacrime? Vuole sacrifici, una pedagogia di sofferenze per provare la nostra pazienza, o vuole figli guariti?

E Gesù felice di poter rivelare Dio, di poter dire una parola ultima e immensa sul cuore di Dio risponde: «Lo voglio: guarisci!». Ripetiamocelo, con emozione, con pace, con forza: eternamente Dio altro non vuole che figli guariti.

A me dice: «Lo voglio: guarisci!». A Lazzaro grida: «Lo voglio: vieni fuori!». Alla figlia di Giairo: «Talità kum. Lo voglio: alzati!». È la buona novella: un Dio che fa grazia, che risana la vita, a cui importa la mia felicità prima e più della mia fedeltà.

A ogni pagina del Vangelo Gesù mostra che Dio è guarigione! Non conosco i modi e i tempi, ma so che adesso lotta con me contro ogni mio male, rinnovando goccia a goccia la vita, stella a stella la notte.

Il lebbroso guarito disobbedendo a Gesù si mise a proclamare e a divulgare il fatto. Ha ricevuto e ora dona, attraverso gesti e parole e carne di primavera, la sua esperienza felice di Dio. L'immondo diviene fonte di stupore, il rifiutato è trasformato dall'accoglienza.

Ciò che è scritto qui non è una fiaba, funziona davvero, funziona così. Persone piene di Gesù oggi riescono a fare le stesse cose di Gesù. Pieni di Gesù fanno miracoli. Sono andati dai lebbrosi del nostro tempo: barboni, tossici, prostitute, li hanno toccati, un gesto di affetto, un sorriso, e molti di questi, e sono migliaia e migliaia, sono letteralmente guariti dal loro male, e sono diventati a loro volta guaritori.

Prendere il vangelo sul serio ha dentro una potenza che cambia il mondo.

E tutti quelli che l'hanno preso sul serio e hanno toccato i lebbrosi del loro tempo, tutti testimoniano che fare questo dona una grande felicità.

padre Ermes Ronchi

Il Vangelo della domenica

Gesù esce dalla sinagoga e va nella casa di Simone: inizia la Chiesa. Inizia attorno ad una persona fragile, malata: la suocera di Simone era a letto con la febbre.

Gesù la prende per mano, la solleva, la libera e lei, non più imbrigliata dentro i suoi problemi, può occuparsi della felicità degli altri, che è la vera guarigione per tutti.

Ed ella li serviva: Marco usa lo stesso verbo impiegato nel racconto degli angeli che servivano Gesù nel deserto, dopo le tentazioni. La donna che era considerata una nullità, è assimilata agli angeli, le creature più vicine a Dio.

Questo racconto di un miracolo dimesso, così poco vistoso, senza neppure una parola da parte di Gesù, ci può aiutare a smetterla con l'ansia e i conflitti contro le nostre febbri e problemi. Ci può ispirare a pensare e a credere che ogni limite umano è lo spazio di Dio, il luogo dove atterra la sua potenza.

Poi, dopo il tramonto del sole, finito il sabato con i suoi 1521 divieti (proibito anche visitare gli ammalati) tutto il dolore di Cafarnao si riversa alla porta della casa di Simone: la città intera era riunita davanti alla porta. Davanti a Gesù, in piedi sulla soglia, luogo fisico e luogo dell'anima; davanti a Gesù in piedi tra la casa e la strada, tra la casa e la piazza; Gesù che ama le porte aperte che fanno entrare occhi e stelle, polline di parole e il rischio della vita, del dolore e dell'amore. Che ama le porte aperte di Dio.

Quelle guarigioni compiute dopo il tramonto, quando iniziava il nuovo giorno, sono il collaudo di un mondo nuovo, raccontato sul ritmo della genesi: e fu sera e fu mattino. Il miracolo è, nella sua bellezza giovane, inizio di un giorno nuovo, primo giorno della vita guarita e incamminata verso la sua fioritura.

Quando era ancora buio, uscì in un luogo segreto e là pregava. Un giorno e una sera per pensare all'uomo, una notte e un'alba per pensare a Dio. Perché ci sono nella vita sorgenti segrete, alle quali accostare le labbra. Perché ognuno vive delle sue sorgenti. E la prima delle sorgenti è Dio. Gesù, pur assediato, sa inventare spazi. Di notte! Quegli spazi segreti che danno salute all'anima, a tu per tu con Dio.

Simone si mette sulle sue tracce: non un discepolo che segue il maestro ma che lo insegue, con ansia; lo raggiunge e interrompe la preghiera: tutti ti cercano, la gente ti vuole e tu stai qui a perdere tempo; hai avuto un grande successo a Cafarnao, coltiviamolo.

E Gesù: no, andiamo altrove. Cerca altri villaggi, un'altra donna da rialzare, un altro dolore da curare. Altrove, dove c'è sempre da sdemonizzare l'esistenza e la fede, annunciando che Dio è vicino a te, con amore, e guarisce tutto il male di vivere.

padre Ermes Ronchi

Indirizzo e contatti

Siamo a Sesto Fiorentino (Fi)

  • Via Antonio Gramsci 691-693
  • +39 055-442753
  • info[at]santacroceaquinto.it

Orari S. Messe

Messa feriale da lunedì a sabato: ore 8:30 ~ 17.30
Messa festiva del sabato: ore 18:00
Messe festive domenicali: ore 8:00 ~ 10:00 ~ 11.30 ~ 18.00

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