La fede cristiana si distingue da quella ebraica e dalle altre forme di credenze religiose, perché riconosce che in Gesù Cristo Dio stesso si è manifestato nella storia umana in modo visibile e definitivo rivelando quello che è necessario credere e fare per salvarsi. Ma i cristiani fin dall’inizio della loro storia vivono nell’attesa della “venuta” del Signore.
Questa tensione tra presenza del Signore e attesa della sua venuta accompagna la storia dei credenti in Gesù Cristo e caratterizza la loro spiritualità.
Il brano evangelico è ritagliato dall’ultimo discorso di Gesù sulla sua “venuta”e la fine del mondo. Infatti, l’espressione che dà il tono a queste istruzioni rivolte ai discepoli è “la venuta del Figlio dell’uomo”. Con questa espressione, infatti, si apre e si chiude il primo confronto tra il racconto biblico del giudizio di Dio, il diluvio al tempo di Noè e la venuta del Figlio dell’uomo.
La parte finale del brano trae le conseguenze pratiche: “Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà.” Un invito analogo chiude la breve parabola del ladro e dello scassinatore notturno: “Perciò anche voi state pronti, perché nell’ora che non immaginate, il Figlio dell’uomo verrà”.
Dalla lettura del Vangelo di questa prima domenica di avvento si ricava l’impressione che esso vuole scuotere, mettere in guardia contro il rischio dell’assuefazione stanca di chi vive senza ideali, senza prospettive, senza impegno a modificare se stessi e la propria vita.
(Don Arturo – 2007)