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Perché Gesù si fa battezzare?

Il testo dice: “Conviene che così adempiamo ogni giustizia”. L’espressione “adempiamo ogni giustizia” secondo il linguaggio biblico equivale a uniformarsi a quello che Dio vuole, accettando il suo piano e la sua volontà. E Dio voleva che il suo Messia, il re divino, fosse il suo servo per eccellenza, che si sacrificasse per tutti nell’umiltà e nel nascondimento. Matteo usa presentare la vita di Gesù, partendo dalle descrizioni che il profeta Isaia aveva fatto circa il servo di Yahveh. La scena del Battesimo di Gesù culmina in una teofania: si apre il cielo, discende su Gesù lo Spirito e una voce proclamava che egli è Figlio di Dio e che il Padre si compiace in lui.

L’ultima espressione ha le sue radici nell’Antico Testamento: del servo di Yahveh si dice che Dio lo ha eletto, che si compiace in lui e che gli infonde il suo Spirito (Is. 42,1). Tutte le espressioni stanno a indicare la stessa realtà: la presenza di Dio in lui. Gesù è il portatore dello Spirito, colui che compie perfettamente la volontà di Dio, colui che si dà agli uomini in piena solidarietà con essi.intelligenza, il nostro amore. La vera sapienza si nasconde nel volto di questo Bambino. È qui, nella semplicità di Betlemme, che trova sintesi la vita della Chiesa. È qui la sorgente di quella luce, che attrae a sé ogni persona nel mondo e orienta il cammino dei popoli sulla via della pace.

(don Arturo 2005)

I segni del Regno che è già tra noi

Giovanni, che in questo tempo ci accompagna verso il Natale, manda i suoi discepoli da Gesù a chiedergli «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?». Anche noi in questa domenica poniamo la stessa domanda come quei discepoli di Giovanni. E anche a noi Gesù non manca di dare la stessa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella».

La profezia di Isaia, vuol dire Gesù, si è compiuta; non è più solo un sogno, è già realtà.

E Gesù aggiunge «Beato colui che non si scandalizza di me». In lui si compie il disegno di Dio, non nella straordinarietà del meraviglioso, ma nella ordinarietà della misericordia e nel ministero della compassione. Spetta alle generazioni cristiane, anche alla nostra, rendere visibili i segni che Gesù stesso ha posto come inizio di un mondo rinnovato. È la grave responsabilità di ogni discepolo di Gesù. Possiamo dire anche noi, a chi ci interroga: «Andate e riferite quello che udite e vedete»?

I segni di questo avvento ci sono anche oggi. C’è chi ha iniziato ad annunziare il Vangelo ai poveri, c’è chi compie i miracoli della carità, della giustizia, della misericordia di Dio, c’è chi, dimenticando se stesso, si è posto al servizio dei più deboli e dei più poveri, ci sono coloro che sanno consolare chi è nel pianto e sanno essere premurosi con chi è malato o infermo.

Beato chi accoglie questi segni e si lascia toccare il cuore. Gesù ci insegna a non chiudere il nostro cuore nell’angusto orizzonte di oggi, nell’orgoglio e nella rassegnazione.

“Vieni, Signore Gesù!” era la preghiera antica dei cristiani. È anche la nostra preghiera.

(Don Arturo – 2007)

Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!

“Tempo di conversione”, quello presentatoci oggi dalla liturgia della seconda domenica di avvento e dalla Parola ascoltata. Che significa tempo di conversione o cambiamento, se è vero come ripeteva il saggio Qohèlet che “non c’è niente di nuovo sotto il sole”?

È vero che l’uomo è affamato e assetato di novità, ma queste, in genere, scalfiscono l’esterno dell’uomo e difficilmente incidono a fondo sulla sostanza delle cose. Parlare di “tempo di conversione” significa invece, mettere l’uomo nella condizione di porre in atto un mutamento radicale delle solite cose, innescando una rivoluzione profonda del modo di essere.

Il “tempo della conversione” è il tempo della rottura del tempo consueto, è il tempo che spezza la spirale del tempo vuoto e insensato, per mettere in moto il tempo come a Dio piace.

Questo è, e vuole essere, ogni anno liturgico, tempo della nostra conversione.

È celebre la preghiera di sant’Agostino che chiedeva ironicamente a Dio: “convertimi… ma domani!”. Possiamo sorridere per questa proroga richiesta spudoratamente, ma se ci pensiamo bene, è ciò che facciamo tutti senza proferire parola. Quante volte abbiamo rimandato la nostra conversione, magari adducendo la motivazione che “tutto sommato, cosa c’è che non va nella nostra vita?” Oggi è il giorno della conversione possibile, convinti che il mondo cambia solo a condizione che una persona abbia il coraggio di iniziare a cambiare. Se noi, che oggi partecipiamo all’eucarestia, rispondendo all’appello di Dio, decidessimo che dev’essere oggi il giorno per cambiare, potremmo addirittura ipotizzare il cambiamento del mondo. Sì, perché, se per cambiare il mondo basta il cambiamento di uno, ci immaginiamo quale carica di rinnovamento si innesca se, anziché in uno fossimo in molti a convertirci? Cominciando da noi che partecipiamo all’Eucarestia…

(Don Arturo – 2007)

In attesa della sua venuta

La fede cristiana si distingue da quella ebraica e dalle altre forme di credenze religiose, perché riconosce che in Gesù Cristo Dio stesso si è manifestato nella storia umana in modo visibile e definitivo rivelando quello che è necessario credere e fare per salvarsi. Ma i cristiani fin dall’inizio della loro storia vivono nell’attesa della “venuta” del Signore.

Questa tensione tra presenza del Signore e attesa della sua venuta accompagna la storia dei credenti in Gesù Cristo e caratterizza la loro spiritualità.

Il brano evangelico è ritagliato dall’ultimo discorso di Gesù sulla sua “venuta”e la fine del mondo. Infatti, l’espressione che dà il tono a queste istruzioni rivolte ai discepoli è “la venuta del Figlio dell’uomo”. Con questa espressione, infatti, si apre e si chiude il primo confronto tra il racconto biblico del giudizio di Dio, il diluvio al tempo di Noè e la venuta del Figlio dell’uomo.

La parte finale del brano trae le conseguenze pratiche: “Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà.” Un invito analogo chiude la breve parabola del ladro e dello scassinatore notturno: “Perciò anche voi state pronti, perché nell’ora che non immaginate, il Figlio dell’uomo verrà”.

Dalla lettura del Vangelo di questa prima domenica di avvento si ricava l’impressione che esso vuole scuotere, mettere in guardia contro il rischio dell’assuefazione stanca di chi vive senza ideali, senza prospettive, senza impegno a modificare se stessi e la propria vita.

(Don Arturo – 2007)

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